sabato 14 settembre 2013

RELAZIONE DELL'INCONTRO DEL 13 GIUGNO 2013 - di Beppe Vandai

VOLTA LA CARTA !!


SCHEMA della RELAZIONE DEL 13 GIUGNO 2013
( di Beppe Vandai )



LA BORGHESIA FRANCESE NELL' ANCIEN RÉGIME,
LA MONARCHIA E LA NOBLESSE DE ROBE


I. a ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ dell' Ancien Régime (A.R.)

Passaggio dal Medioevo all' Età Moderna :
a ) dalla famiglia di concezione strettamente cristiana alla famiglia borghese, alla concezione romana del pater familias ( patrimonio, matrimonio, legalità ); riduzione del ruolo della donna e dei figli; il nuovo ruolo del testamento; affermazione del predominio della linea maschile nel
mantenimento del patrimonio,
b ) Il nuovo fattore è la CITTÀ, da lì la nascita del Terzo Stato,
c ) Nella città i modi di vita, di produzione, la cultura sono andati differenziandosi. È la borghesia cittadina a menare le danze e a rappresentare l' intera cultura urbana,
d ) Dalle università si afferma il diritto romano; cresce l' interesse per l' al di qua. Si fa largo la cultura umanistica, che legittima la ricerca del benessere, della felicità, del proprio interesse, che apprezza il lavoro creativo e l' impresa
e ) Con la fine del'500 e per tutto il '600 si fa largo e si impone in F. la figura dell' honnête homme
f ) Il calvinismo ed il giansenismo, per essendo rigoristi e teocentrici, fanno proseliti nella borghesia
( discorso sull' elezione, la predestinazione, la messa a frutto dei talenti come segno di elezione, il disgusto per i poveri ed i mendici, quali individui inferiori (indegni dei talenti divini donati loro o maledetti da Dio )).


I. b ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ dell' A.R.: L' ARTICOLAZIONE DEGLI E NEGLI ORDINI

Il giurista seicentesco Loyseau, nel Traité des Ordres et simples dignités ( del 1610 ) – il trattato per eccellenza in questa materia, il principale punto di riferimento per la definizione l’ auto-comprensione del sistema cetuale, nel delimitare il perimetro dei non nobili – evita esplicitamente, per scelta etimologica, l’uso dei termini ‘borghese’ e ‘borghesia’, per lui troppo centrati sulla realtà urbana, troppo deboli e troppo inclusivi. Preferisce ricorrere al termine “Terzo Stato”. Precisa però che si tratta di un gruppo parecchio eterogeneo dal punto di vista di classe e dell’ occupazione.
Vi farebbero parte 4 categorie di persone (con famiglie annesse e connesse ):
i ) Le genti di lettere formatesi nelle facoltà di diritto, teologia, medicina e nelle arti liberali,
ii ) I finanzieri ( detentori di uffici reali addetti alle finanze ),
iii ) I giudici, gli avvocati e tutti quanti praticano le discipline giuridiche: notai, procuratori, cancellieri,  ecc. ,
iiii ) I mercanti.

Esclusi erano invece tutti quanti praticavano lavori manuali, compresi gli artigiani, o lavori subordinati. Tutta gente di ‘vile reputazione’, ‘popolino ignorante’. Diffusissima era la disistima del lavoro manuale, alimentata anche dallo studio dei classici dell’ antichità. Ambitissimo, per il prestigio che offre, invece il far parte dei ranghi dello Stato, l’ essere detentore di una carica, di una competenza, di un ufficio pubblico.
L’ obiettivo della borghesia in senso forte e proprio, quella che rientrava nella rubrica di Loyseau, era di ottenere lo status nobiliare.  
Va ribadito che il Terzo Stato (TS) venne 'assemblato' e riconosciuto dalla Corona quale ceto delle città.

L' elemento caratterizzante e trainante è la Borghesia del Sapere. È la Bourgeoisie de Robe ad offrire al sovrano la chance di contenere le forze centrifughe, sempre vive nell' alta nobiltà, che gli dà al possibilità di costituire un apparato statale competente e fedele ( secondo gli standard del tempo ), che gli permette di rafforzare il gallicanesimo e di aver molto mneo bisogno delle competenze intellettuali e tecniche del clero.

Le radici materiali della Bourgeosie de Robe erano però tutte ben piantate nella Borghesia del Denaro. Le risorse della B. capitano a fagiolo per i sovrani. Dunque, questi prendono due piccioni con una fava: venalità delle cariche.


  1. c ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ dell' A.R.: DIFFERENZE E DISTINZIONI TRA I 'Robins'

Tra i magistrati, i giureconsulti e le diverse figure dei pubblici ufficiali esistevano tre distinzioni di grado. Dunque si distinguevano i robins in tre categorie:
La petite robe ( il livello più basso nella scala dei robins ): avvocati, notai, cancellieri, pubblici ministeri. Erano piuttosto ambiziosi e turbolenti, volendo salire di grado.
La moyenne robe: * in generale gli alti funzionari, rappresentanti del re o dei principi in provincia per le questioni amministrative e giuridiche, ** chi ruotava attorno ai parlamenti provinciali ed era deputato alla giustizia signorile ( dei nobili ), *** chi aveva un grosso ruolo nelle decisioni locali in termini di diritto privato, sulle proprietà ecc. Questo corpo intermedio era molto potente a livello locale e regionale. Riusciva spesso ad arricchirsi anche in modo fraudolento.
La grande robe: consiglieri di stato, i titolari delle alte cariche dei parlamenti ecc. I parlamenti avevano acquistato con il tempo sempre nuove competenze.  Alla funzione di controllo e ratifica delle leggi reali e agli gli affari giudiziari, si erano aggiunti questi compiti: l’ amministrazione delle risorse finanziarie, l’ordine pubblico, la gestione degli affari religiosi, il mantenimento delle infrastrutture. Il Parlamento di Parigi era di gran lunga il più potente.

Da queste figure sociali partì l’ assalto ad essere nobilitati (anoblis).

I. d ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ dell' A.R.: PERCHÉ LA VOGLIA DI NOBILTÁ DEI ROBINS ?

La parte più ricca della borghesia del denaro e del sapere che costituiva il Terzo Stato volle penetrare e penetrò massicciamente nella nobiltà. La carriera è spesso questa: un mercante ricco o agiato avvia i figli alla formazione che ne farà dei membri della borghesia del sapere. Questi, acquisite le competenze e ben dotati dalla famiglia, acquistano una carica. La pagano più o meno profumatamente. Ma che vantaggi hanno, a parte il prestigio, che allora non era cosa di poco conto ?
* Ricevono dalla Corona una rendita annua adeguata, **in più hanno le entrate legate all’ esercizio della loro professione. *** Come se non bastasse le cariche divennero ereditarie. Ma perché allora aspirare alla nobiltà ?
Innanzitutto per godere del titolo che inserisce nella classe dei potenti e sentirsi legati a doppio filo al monarca. Poi, cosa tutt’ altro che disprezzabile, per essere esentati dalla taille , la principale tassa diretta, proporzionale alle entrate. Soprattutto grazie alla loro formazione sul diritto romano, i giuristi trovavano giustificata questa forma di immunità anche per i servitori dello Stato. La nobiltà di spada già ne godeva in quanto gruppo sociale dei guerrieri, essendo i discendenti di chi aveva dato il suo tributo di sangue ed essendo pronti in ogni momento a fare altrettanto.

Un punto di svolta si ebbe agli Stati Generali del 1614, gli ultimi prima di quelli fatali del 1789.  Il Terzo Sato, il gruppo più numeroso, era composto a sua volta in gran parte e guidato dalla borghesia di toga ( borghesia del sapere ). Quasi tutti i deputati, di tutti gli ordini, si pronunciarono per l’ abolizione della venalità delle cariche. Ma il TS richiese la contestuale abolizione delle pensioni erogate alla nobiltà. Il clero appoggiò le richieste del TS, poiché voleva indebolire la nobiltà, al fine di far passare l’ applicazione delle disposizioni del Concilio Tridentino. Dato questo stallo agli Stati Generali, nulla venne abolito. Restò però il fatto che la nobiltà non aveva la forza di bloccare il nobilitamento  della Bourgeosie de robe. Si consumò così la disfatta del 2° Stato. La via per la Noblesse de Robe era stata aperta. In effetti, la monarchia andò sempre più appoggiandosi sulla nuova nobiltà.
Solo dagli anni 20 del ‘700 la nobiltà di spada poté riprendersi. Questo generò però una certa presa di distanza della Noblesse de Robe dal sovrano: un elemento che pesò anche nel far precipitare la crisi dell’ Ancien Règime e favorì la Rivoluzione Francese.


II. a ) FORZA E CRISI DELL`ANCIEN RÉGIME: ( A ) UN ESEMPIO DI FORZA:

Con il Concordato del 1516 tra Stato e Chiesa veniva sancito che la nomina dei vescovi era di competenza reale.
  Il monarca francese era anche il capo religioso nel suo Paese. Il gallicanesimo si impone poi, poco alla volta senza più ostacoli. La supremazia monarchica faceva il paio con la concezione, discendente dal diritto romano, secondo cui la regalità si esprimeva a tutti i livelli. Il re stabiliva le imposte, era il capo dell’ esercito, decideva della pace o della guerra. Iniziò così la strada che porta alla monarchia assoluta. Il re è sovrano per volontà divina. Ma poco interessa in questa apoteosi del potere monarchico l’ articolazione cristiana della Trinità ed il mistero dell’ Incarnazione, tanto cara alla Chiesa soprattutto dal ‘300 . In Francia si sottolinea una sorta di analogia tra il re e Dio Padre.
  Nel 1673 Luigi XIV convoca l’ assemblea del clero francese, nonostante la forte contrarietà del Papa, per garantirsi il diritto di disporre dei benefici ( entrate ) in caso la ‘vacanza’ del vescovo. Oltra a ciò fece redigere e approvare una Déclaration del clero francese  così articolata:
a ) I principi, ed in particolare il re di Francia, non sono sottomessi al potere papale,
b ) il potere spirituale del Papa viene riconosciuto, ma solo se rispetta gli “antichi canoni” della Chiesa francese,
c ) il concilio ecumenico è superiore al Papa,
d ) le sue decisioni, anche di ordine spirituale, non sono applicabili in Francia senza il consenso dei vescovi francesi.

  1. b ) FORZA E CRISI DELL`ANCIEN RÉGIME: ( B ) UN ALTRO ELEMENTO DI FORZA: I PARLAMENTI

Il ruolo dei Parlamenti si era via via accresciuto nella Francia dell' AR. Questi furono i centri di azione, selezione e reclutamento della Borghesia del Sapere ( dei Robins ). Erano degli organismi stabili, che adempivano a ruoli istituzionali continuati ( a differenza degli Stati Generali o Provinciali , convocati sempre in via eccezionale.

Oltre al diritto di registrazione e di rimostranza delle leggi della Corona e alle funzioni giuridiche a loro sempre deputate, si aggiunsero vere unzioni di governo e amministrazione pubblica in materie decisive come l' erario, l' ordine pubblico, la religione, le infrastrutture. Qui sguazzavano come pesci nell' acqua i Robins, fossero nobilitati o ancora borghesi.


  1. c ) FORZA E CRISI DELL`ANCIEN RÉGIME: LA LUNGA CRISI DEL „ '600 LUNGO ”
  2.  

            La popolazione francese tra il 1560 ed il 1715 si aggirava attorno ai 20 milioni di abitanti, con andamento sinusuoidale e differenze di crescita e decrescita tra regione e regione.
L’ economia e la popolazione ebbero una fase di crescita dalla metà del ‘400, ma verso la fine del ‘500 il processo si bloccò. Seguì una successiva, lunga fase di stabilità demografica, connessa ad un lungo periodo di stagnazione economica che contrassegnò tutto il ‘600, non solo in Francia. La relativa stabilità demografica fu possibile mediante un contenimento delle nascite nei momenti favorevoli e mediante il ripopolamento nelle fasi di carestia e pestilenza. Gran parte della popolazione delle campagne era costantemente a rischio di sopravvivenza, viveva vicino ai limiti della sussistenza e bastava poco perché scendesse sotto quel limite.
Tra il 1600 ed il 1715 il Paese langue in una grande stagnazione economia, che colpisce soprattutto i contadini, ma scontenta anche i signori della terra ( nobili di origine feudale, NdeR, borghesi che hanno investito in terre ).
L’ agricoltura in Francia era affetta da un problema: pochi erano gli investimenti produttivi tecnicamente avanzati e l’ afflusso di capitali per aumentarne la redditività. A parte le parcelle di terra in mano direttamente ai contadini, quasi mai di grandi dimensioni, la terra fu oggetto dell’ interesse della rendita parassitaria. Ciò avveniva soprattutto perché la borghesia cittadina (per lo più i mercanti e gli artigiani benestanti ) e la borghesia del sapere ( poi, in buona parte Nobl.deRobe ) volevano darsi sicurezza e ulteriori entrate investendo nella terra. Risultati: stagnazione, scarsa presenza dell’ impresa agricola di tipo capitalistico, contadini sempre a rischio di crisi di sopravvivenza.
Parte della terra dei contadini ‘scivolava’ poi nelle mani dei contadini più ricchi, dei borghesi cittadini, e pure dei nobili, per essersi indebitati con questi nei momenti del bisogno. Non si ebbe comunque un fenomeno di espropriazione, proletarizzazione e pauperizzazione pari a quello inglese.
In ogni caso, in Francia, esisteva ed era a disposizione di possibili investitori borghesi un vasto mercato della terra, di facile accesso. Altrettanto facile era la chance di ottenere buone rendite ‘parassitarie’, o quanto meno non innovative, né di tipo capitalistico. Le forme tradizionali di produzione rimasero intatte.
Come se non bastasse, a causa delle continue guerre e della necessità di mantenere l' apparato statale, ormai gravoso per le immunità fiscali, le pensioni, gli onorari da corrispondere ai Robins, il fabbisogno dello Stato era sempre altissimo e le finanze vicino al collasso. Che fare ? Non restava che ricorrere alla pressione fiscale, soprattutto sulle campagne. Sui contadini ed i fittavoli , oltre alle decime e ai contratti di affittanza, il gravame sempre di più alto della taille. Si calcola che verso la fine del '600 la tassazione superasse ogni livello di tollerabilità per un importo attorno al 10% dell' intero prodotto interno lordo.

Situazione nelle città o a ridosso di queste:
Le città erano allora in Francia per loro natura parassitarie e dipendenti dalla campagna, dalla produzione e formazione di ricchezza agricola. La manifattura e l’ artigianato occupavano meno del 10% della popolazione dell' intero paese.
Tra gli artigiani notevole era lo scarto in termini di reddito e di prestigio tra i maestri e i loro apprendisti o semplici lavoranti. Però nessun artigiano era veramente ricco. Solo i grandi mercanti lo erano. Erano anche loro che ‘comandavano’ la manifattura e l’ artigianato, che anticipavano i capitali, che trovavano le materie prime, che allocavano i prodotti.
I piccoli commercianti, giù giù fino ai bottegai e ai piccoli esercenti, vivacchiavano, combinando spesso questa con altre attività.
I mercanti ricchi o medio-ricchi non avevano grandi ( o per niente ) aspirazioni di tipo capitalistico. Non amavano quel ipo di rischio, preferendo la rendita sicura: terreni, altri beni immobili, uffici pubblici da comperare.
Solo la grande borghesia mercantile e quella finanziaria facevano eccezione. Dove le si trovava ? Nelle importanti città portuali e in centri come Bordeaux e Lione. Le famiglie di questa grande borghesia del denaro restarono fedeli alle loro attività.


III ) LA OSSIFICAZIONE DELLE ELITES

Non è azzardato parlare di una vera e propria OSSIFICAZIONE DELLE ELITES nel “lungo“ ‘600 ( dall’ inizio del secolo al 1715 ) ed oltre. Si trattò di una chiusura verso il basso.
Restavano solo due vie per entrare nelle élites ed arricchirsi: a ) ottenere l’ appalto dell’ erario per una determinata regione o diventarne il tesoriere dello Stato, b ) rivestire questi ruoli per la grande nobiltà laica ( vecchia e nuova ) o ecclesiastica.
  La società di allora ‘funzionava’ e pensava all’ interno di coordinate mentali a noi poco comprensibili. Statica era la visione della società nel suo complesso, conservatore lo sguardo sul proprio ruolo sociale. Una volta raggiunto un rango alto o intermedio, prevaleva la volontà di metterlo in mostra, di abbarbicarvisi. Era un’ epoca in cui il senso dell’ onore era altissimo, a tutti i livelli. Un onore, ben inteso, consistente soprattutto nel distinguersi verso il basso e nel farsi riconoscere dall’ alto stando nel proprio rango.
Nel ‘ 600 l’ ascesa verso l’ alta borghesia ristagnò. Del resto la NdeR era divenuta molto conservatrice, frenava, conservava, si opponeva ad ogni proliferazione degli uffici, cosa invece gradita e in parecchie fasi necessaria al potere centrale. La NdeR cercava solo di proseguire la propria scalata alle posizioni e agli uffici più alti e di maggior prestigio.


IV ) L' ANCINE RÉGIME: UNA SOCIETÁ ed UNO STATO IN TRAPPOLA

Lo Stato dell' Ancien Régime francese è in trappola. I nodi sono venuti al pettine.
La monarchia francese si trovava nella tenaglia da lei stessa creata. Si muoveva tra due muri da essa stessa creati:
a ) l’ ipertrofia e la proliferazione dei ruoli dirigenti e privilegiati ( voluta per dotarsi di un’ ossatura di fedeli commis e per sostenere il proprio fabbisogno fiscale ), una ipertrofia costosa, da alimentare [ le entrate immediate realizzate con la vendita di un ufficio si tramutavano poi nell’ erogazione diuturna, annuale, di rendite ai possessori delle cariche ]. Quella che in passato si presentò come una soluzione era divenuto un peso insostenibile
b ) l’ enorme fabbisogno per per finanziare i continui sforzi bellici.
Che soluzioni rimanevano allo Stato ? Proseguire nella politica della venalità della cariche ? Vista la saturazione c’ era poco da fare. Non restava che la via dell’ incremento del carico fiscale e dell’ indebitamento.  Così lo Stato e la società francese si paralizzarono poco alla volta. Il suo sistema assomigliava ad un cane che si morde la coda. L’ intera società, comprese le sue élites e la classe dirigente, rimasero come paralizzate di fronte a questo spettacolo. I più conservatori dello status quo erano gli alto borghesi, gli ex-borghesi dell’ alta Noblesse de Robe, i finanzieri, i borghesi legati alla Corona, l’ intera NdeR.

V ) UN TENTATIVO DI SOLUZIONE: COLBERT ed il MERCANTILISMO
Come giudicarne la teoria e l’ opera ? Colbert proveniva dall’ alta borghesia ed era il tipico grand commis dell’ epoca, rappresentante o vicino alla NdeR. Era ben conscio delle difficoltà strutturali dell’ economia del suo Paese e dell’ impasse in cui la monarchia si era cacciata. La sua opera, dapprima glorificata, ma negli ultimi decenni assai ‘desacralizzata’ dagli storici, era mossa all’ accrescimento delle risorse del Paese e al loro rastrellamento per il bene dello Stato.
Colbert vedeva nell’ arricchimento globale della nazione l’ unica via di scampo dai dilemmi in cui si dibatteva il Paese.
In due parole, il MERCANTILISMO, di cui fu l’ iniziatore ed il massimo paladino consisteva in questo: arricchimento del Paese trainato dalla manifattura e centrato sull’ accumulo di un surplus commerciale con l’ estero, tale da portare ad una crescente tesaurizzazione di metalli e di beni preziosi. Pendant e corollario di questa politica economica erano le misure ‘nazionalistiche’ e protezionistiche: dazi sulle merci straniere, soprattutto sui prodotti di lusso, sostenimento attivo del commercio estero francese sulle piazze del Mediterraneo, del Baltico e del Medio Oriente, rafforzamento della marina francese, sostegno finanziario della manifattura in Francia, incoraggiamento delle avventure coloniali, pressione esercitata sui mercanti francesi a formare compagnie d’ Oltremare sul modello olandese ed inglese, indebolimento della posizione dominante degli Olandesi.
Nell’ insieme i risultati del colbertismo pare siano stati nel complesso modesti.
Dato la continua politica di potenza militare voluta da Luigi XIV non gli riuscì di abbassare la pressione fiscale. Anzi, Colbert fu sempre impegnato a ‘grattare il fondo del barile’. I mezzi con cui poteva sostenere la manifattura francese erano modesti. Il livello qualitativo, ad esempio per i prodotti tessili di medio prezzo, lasciava a desiderare. La produzione tessile francese non era, nel suo insieme, concorrenziale e tale da conquistare ampi mercati.
Colbert non puntò a migliorare le infrastrutture necessarie per la creazione di un vero mercato interno, né ebbe a disposizione i mezzi. La sua politica economica era troppo statalista e guidata da criteri di potenza politico-militare. Restò comunque un punto di riferimento il suo interesse per lo sviluppo di manifatture nazionali di peso, da sostenere con mezzi messi a disposizione dallo Stato. La sua influenza, in un certo senso, si fa sentire ancora oggi in Francia, mutatis mutandis.
Del resto il mercantilismo, o più in generale l’ intervento statale per promuovere i commerci, la penetrazione sui mercati internazionale dei propri prodotti e per incentivare lo sviluppo dell’ industria nazionale, furono per lungo tempo una costante per tanti paesi europei.
Di certo, il pensiero liberale ed il liberismo corressero le storture e l’ approccio iniziale dato all’ economia nazionale, ma non si può negare che si trovarono ad agire, grazie agli effetti delle politiche mercantilistiche, su una base su cui si poteva operare, quanto meno grazie al sentire comune che si era formato, circa la necessità che la nazione deve dotarsi di una politica economica moderna ed espansiva.


Heidelberg, 13 giugno 3013

Beppe Vandai



BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:

Histoire de la Bourgeosie en France
Les temps modernes ( vol. 2 ) di Régine PERNOUD Paris 1962

Bürgertum oder Bürgertümer ? Die französische Entwicklung vom Ende des Ancien Règime zum frühen 19. Jahrhundert,
di  Jean MEYER ( traduzione di Wolfgang Mager  ) – Bielefeld 1991 –

Early Moderne France ( 1560 – 1715 ) 2° Edition    di  Robin BRIGGS
Oxford University Press 1998   Capitolo 2 : Economy and Society.

Wege in die Moderne,
di Klaus GARBER, Berlin 2012.
Teil II Absolutismus und Konfessionalisierung – Kulturpolitik und Literatur. Zum Ursprung der neueren deutschen Dichtung. Kap. 2.3 Im Zentrum der Macht. Martin Opitz im Paris Richelieus ( Seiten 183 – 222 ).



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