martedì 30 luglio 2013

Note sulla Borghesia Francese (3)


Estratto da:

Histoire de la bourgeosie en France, di Régine Pernoud, Parigi 1960



Dai capitoli 14º e 15°

Nel 1547 sale al trono Enrico II, marito di Caterina de’ Medici. Concezione della sovranità per grazia di Dio.  Il re si considera al di sopra della legge e unica istanza che statuisce la legge.   La teoria del principe di Machiavelli fa da paradigma quanto alla concezione del potere assoluto del re.  Essa discorda dalla concezione più antica che si rifaceva alle leggi scritte e non scritte dei franchi.  

 
Inizia in Francia la fase della riscoperta dell'antichità sull'esempio italiano. Ronsard teorizza il classicismo e ne diviene il campione.  Inizia la fase degli intellettuali umanisti. Tra questi, che per lo più operano al di fuori dell'università e danno impulso all’ editoria, sono da ricordare anche degli importanti commercianti che dispongono di un’ eccellente formazione classica. Due esempi di grandi intellettuali borghesi sono Rabelais e Montaigne. Quest'ultimo ha chiare origini altoborghesi ma accede allo status nobiliare.
I borghesi incominciano a dare molta importanza all'educazione dei propri figli e alla cultura in famiglia. Un altro aspetto della cultura borghese è il culto del lavoro. Ma ben si intenda, con questo non si rivaluta affatto il lavoro manuale, che rimane malvisto sia tra gli aristocratici che tra i borghesi. Gli artigiani non fanno dunque parte della borghesia. Altra caratteristica saliente della mentalità borghese: il culto dell’ impresa e dell'investimento.  
Un'occasione eccellente per emergere viene fornita dai governanti, alla disperata ricerca di fondi per condurre le loro guerre. In prima linea sono i commercianti e i finanzieri italiani, presto seguiti dai Fugger che nel 16º secolo accumularono le fortune più grandi. Loro ruolo di primo piano nell'elezione di Carlo V. Sia Carlo VIII che Francesco I° si rivolgeranno con successo ai mercanti italiani per finanziare le loro avventure militari italiane ( !! ).   
In Francia si afferma definitivamente il gallicanesimo, sul fronte religioso. Si sviluppa fortemente la borghesia del diritto, costituita soprattutto da magistrati, da consiglieri dei parlamenti, dai pubblici ufficiali. Nelle fila di questa borghesia è forte il gallicanesimo, che viene anche giustificato in termini di diritto. In questa fase si aprirà una grande cesura tra alto e basso clero. L’ alto clero: di origine nobile, che spesso sarà attirato dalla corte. Il basso clero recluterà invece i suoi membri dalle classi più basse. Per i nobili la carriera ecclesiastica è una grande occasione per affermarsi nella scala del potere.
Il credito è un momento centrale per lo sviluppo di una borghesia vasta, tendenzialmente nazionale.  Va da sé che emergono i grandi capitalisti finanziari, ma nei prestiti allo stato si buttano persone provenienti da tutti gli strati sociali. Nasce per la prima volta la cultura della rendita finanziaria.  Nel corso del cinquecento saranno numerosi i fallimenti degli Stati, che porteranno alla rovina grandi fortune di commercianti e di finanzieri. Ma spesso saranno anche vasti settori di popolazione piccolo-borghese e borghese a subirne le conseguenze.
Il 500 è un secolo di grande inflazione, in certi casi di iper-inflazione. Tolosa diventerà una città assai ricca per via della produzione e del commercio del guado. Lione invece sarà una grande piazza finanziaria, in cui tutte le grandi famiglie italiane impegnate nella finanza avranno delle loro succursali.  Carlo VIII farà uso di finanziamenti avuti dalla banca genovese dei Sauli per finanziare la propria spedizione italiana.  Nuove e grandi occasioni si apriranno per la borghesia nelle Americhe. Alcuni grandi finanzieri diventeranno seguaci della riforma protestante.   Il 500 sarà un secolo di grandi speculazioni e di grandi imprese commerciali.  Il commercio avrà d'ora in poi un carattere fortemente capitalistico, sia per qualità che per quantità.   Il guadagno commerciale e la speculazione, che nel Medio Evo erano condannati, godranno d'ora in poi di una buona stampa.  Arricchirsi e fare grandi fortune non sarà più peccato, ma motivo d'orgoglio.


Dal capitolo 16°

Nel corso del 500 la monarchia accentua i controlli sulle corporazioni. Queste funzionano, come è ben noto, secondo regole precise di formazione e di controllo della manodopera.  All'interno dei laboratori il divario tra maestri e operai subordinati è fissato da regole precise e non si apre troppo a forbice. Né si hanno grosse concentrazioni operaie dirette da pochi maestri. Ad esempio a Parigi nel Seicento si contavano quattro operai ogni maestro.  Tra maestri, operai e apprendisti sussisteva un patto di mutuo soccorso. La monarchia inizia verso la fine del cinquecento a stabilire regole temporali e controlli per l'apprendistato, ma anche per lo ottenimento dello status di maestro. Il re voleva tra l'altro impedire che si creasse una casta o un ceto borghese all'interno delle corporazioni. Era sua cura che le differenze non diventassero troppo grandi.  
In alcuni settori però iniziava a formarsi una borghesia e il ceto dei maestri aveva maggiori poteri sia finanziari che organizzativi.  Era questo il caso delle stamperie, che richiedevano notevoli capitali. Lo stesso valeva per le seterie e la produzione di tessuti di lusso. Anche nel settore minerario la classica forma corporativa non poteva funzionare. Nelle miniere investivano ovviamente soprattutto ricchi mercanti e finanzieri e si affermava la tendenza alla conduzione capitalistica.
Il ‘500 fu caratterizzato da diffuse rivolte popolari, di operai, di apprendisti e di disoccupati.  Le ragioni di questo: la grande inflazione, mai ricompensata con aumenti salariali adeguati.  E anche il fatto che non era più garantito il lavoro nelle corporazioni.  
Un fatto di grande rilievo è il seguente: la monarchia inizia ad invadere anche i settori produttivi.  Mentre per tutto il medioevo dominò il concetto di bene comune, a partire dal 500 le monarchie iniziano ad affermare il concetto di bene pubblico, sostenute in ciò anche dai giuristi.  Il monarca si arroga il diritto di far sì che lo Stato sfrutti certe risorse del paese, che le valorizzi.  Questo passo, assai rilevante, fa seguito a due altri fenomeni in cui si affermò la centralizzazione: l'amministrazione della giustizia e la fiscalità.  La monarchia rivendica la proprietà delle miniere, sia che siano gestiti direttamente, oppure date in appalto a terzi.  Un altro settore strategico in cui si afferma questo tipo di centralizzazione è quello della produzione di armamenti e di munizioni.  Non solo. Anche nel settore degli armamenti navali lo stato invade il campo in prima persona o cerca di stimolare l'intervento privato, incanalandolo ai propri fini. Non va infine dimenticato l'impulso dato alla pirateria indiretta.
La borghesia ampia i suoi ranghi e aumenta la sua sfera d'influenza in vari modi, sulla scia della centralizzazione. Borghesi sono coloro che prestano allo Stato, borghesi sono molti amministratori ed imprenditori che svolgono le loro attività per lo Stato. Borghesi sono i funzionari statali, borghesi sono i giudici, il cui intervento e le cui competenze sono sempre più richieste. Un dato soltanto: Il consiglio reale di Francesco I era così composto: 10 principi di sangue, 30 signori, 10 prelati e 35 tra giuristi e finanzieri.
Lo Stato si prende cura della rete viaria e stimola la connessione fluviale tra le città e le zone del regno.  Il diritto romano si afferma sempre di più e rimuove quello medievale. Il diritto romano è per eccellenza diritto borghese. Tra gli istituti che perderanno importanza, fino ad essere eliminati: il diritto di asilo.   I tribunali civili assumeranno sempre di più competenze che erano dei feudatari o della Chiesa. Tra queste anche la persecuzione dell'eresia. Non è un caso che in Francia l'Inquisizione non ebbe praticamente nessun ruolo.
Ben presto, nel corso del secolo, si affermò la venalità delle cariche. Le cariche da un lato fruttavano allo Stato entrate rilevanti, dall'altro creavano una casta di specialisti, di pubblici ufficiali. Una casta borghese, che tenderà, ai livelli più alti, ad assimilarsi alla nobiltà.


Dal capitolo 17°

La borghesia francese del sapere e del denaro acquisì grandi proprietà terriere nel corso del ‘500 e del ‘600 che vennero date in gestione a mezzadria oppure per un affitto fisso.  L'acquisto delle terre avvenne comperando grandi estensioni dai nobili oppure acquistando poco alla volta le terre dei contadini.  Uno schema molto diffuso era quello di prestare ai contadini a usura. Non potendo poi questi onorare gli impegni, pagavano in termini materiali, cioè alienando le terre.  
Tre furono gli effetti di questi grandi mutamenti.  Uno: la borghesia del sapere, così come quella del denaro, una volta acquisite grandi estensioni, poteva rendersi simile alla nobiltà. Ne conseguì la sua aristocratizzazione. Due: La terra non era più l'ambiente in cui vivere, bensì una proprietà da far fruttare, cioè, una fonte di denaro e di ulteriore ricchezza. La terra divenne fonte di investimento, cioè capitale.   Tre: come sottolinea Marc Bloch, il modo di atteggiarsi nei confronti della terra  é assolutamente diverso da quello medievale. Si passa cioè dalla concezione della terra come data in uso feudale alla concezione della proprietà allodiale della terra, secondo una concezione romana.

Dal capitolo 18°

La riforma protestante in Francia fu ben accolta in una prima fase soprattutto da artigiani, da lavoratori salariati, da gente di basso censo. Ma l'adesione fu notevole anche tra la nobiltà di alcune zone del sud della Francia.  Pure sindaci e consoli delle città del sud vi aderirono con entusiasmo.  Va però notato come i contorni del passaggio dal cattolicesimo al protestantesimo non furono così netti come si può credere a posteriori. In alcune famiglie si verificarono anche dei passaggi dall'una all'altra religione a seconda del susseguirsi delle generazioni.  
Nella seconda metà del cinquecento si notò una adesione alla Riforma soprattutto da parte della nobiltà, che divenne ugonotta. Nel corso del seicento e si ebbe invece una forte adesione al protestantesimo fra le fila della borghesia cittadina.
Una cesura importante per la borghesia divenne la posizione di Calvino nei confronti del prestito ad interesse. Mentre papa Pio V condannava qualsiasi forma di prestito ad interesse come usura peccaminosa e condannava ogni forma di monopolio e di accaparramento di denaro, Calvino non aveva nulla da ridire nei confronti dell’ interesse ottenuto dal prestito di denaro, purché quantitativamente contenuto. Come la terra può fruttare un affitto, così anche il prestito di denaro può essere fonte di un legittimo guadagno. La sua posizione legittimò quindi i commerci, gli investimenti e le speculazioni, purché contenuti.
Non solo, un altro aspetto della teologia protestante ebbe conseguenze enormi: la salvezza per fede e non per via delle opere. Questa concezione spostò l'interesse del fedele dalla continua ossessione nel legare la propria  salvezza alle opere di bene verso la propria interiorità. Il fedele acquistò anche una nuova coscienza rispetto alla comunità in cui viveva, affidandosi ad essa, al suo miglioramento,  ad una accresciuta giustizia nelle cose del mondo. Ne seguì un forte impulso alla secolarizzazione.   
Anche l’ etica della lavoro, anche la ascesi quotidiana nel proprio impegno mondano prese il posto dello sfarzo e della magnificenza. In amplissime zone protestanti l'atteggiamento verso i mendicanti cambiò radicalmente. Si fece strada un atteggiamento negativo nei loro confronti.
Non vanno infine dimenticate le forti tendenze cesaropapiste che presero piede in ambienti protestanti.  In Inghilterra, poi, le espropriazioni della Chiesa cattolica per opera di Enrico VIII diedero inizio ad un grande processo di passaggio delle terre nelle mani della borghesia. Con la soppressione degli usi comuni delle terre del clero i contadini furono spesso ributtati al di sotto del livello di sussistenza. Fu l'inizio di un gravissimo processo di pauperismo e di espropriazione, abbinato ad un grave fenomeno di urbanizzazione sottoproletaria.
L'ultimo aspetto da sottolineare, quanto all'influsso della riforma protestante, è questo: Il fondamento dottrinario del cristianesimo fu ridotto alle scritture e venne spazzata via la tradizione, con il grande influsso dei dogmi che via via si erano aggiunte nella storia della Chiesa.



Heidelberg, 21 / 04 / 2013
Beppe Vandai

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